Ottone, Venezia, Rossetti, 1739

Assente nell'edizione Zatta Frontespizio
 ATTO SECONDO
 
 SCENA PRIMA
 
 Vasta campagna con veduta della città di Pavia; ponte che introduce alla medesima sul fiume Ticino.
 
 OTTONE a la testa dell’esercito
 
 OTTONE
 Ecco invitti guerrieri, ecco le sponde,
 le vaghe sponde del Ticino. È questi
 il campo, o amici, in cui
320su le sconfitte altrui
 dee trionfar la vostra alta virtute.
 Quella che a fronte avete
 è la cittade ove ristretta geme
 preda infelice dell’altrui fierezza
325Adelaide vezzosa
 e da voi, da me aspetta
 de’ gravi oltraggi suoi giusta vendetta.
 All’armi dunque e questa,
 questa nuova vittoria
330accresca nuovi pregi
 al mio gran nome ed a la vostra gloria.
 
 SCENA II
 
 BERENGARIO con l’esercito e detto
 
 BERENGARIO
 Ottone a te davanti
 mira il nemico tuo.
 OTTONE
                                      Vieni, o tiranno,
 a ricever la pena
335della tua crudeltade. Or lieto sono
 che potrò darti morte e vendicarmi.
 BERENGARIO
 Su su dunque alla pugna.
 A DUE
                                                 All’armi, all’armi. (Segue il combattimento con la vittoria di Ottone)
 
 SCENA III
 
 BERENGARIO fuggendo, poi OTTONE con soldati
 
 BERENGARIO
 Son vinto, o ciel, son vinto, un giorno solo,
 funestissimo giorno ecco mi toglie
340quanto in più lustri, oh dio,
 m’acquistò la mia spada e ’l valor mio.
 Misero che farò? Figlio, consorte,
 servi, amici, ove siete? Ah che io vi perdo,
 se non vi lascio; e se vi lascio, ahi sorte,
345vi lascio alle sciagure, alle ritorte.
 Ma se è forza lasciarvi e se già sono
 i precipizi miei là su prefissi,
 morrò da re, dove regnando vissi;
 e ad onta ancor del mio destin severo
350libero partirò...
 OTTONE
                               Sei prigioniero.
 BERENGARIO
 Oh stelle?
 OTTONE
                      E che pretendi
 da un ardir disperato?
 Credei forse virtù pugnar col fato?
 Renditi che mi avrai
355vincitor generoso
 più che non pensi e che non brami alfine.
 Non fosti il primo tu né pur sarai
 l’ultimo re di cui trionfi Ottone.
 BERENGARIO
 Non ti vantar sì generoso e forte,
360che me non vinse il tuo valor ma solo
 lo sdegno rio di mia perversa sorte. (Gli dà la spada)
 
    Regno, grandezza,
 vassalli e trono
 superbo involami,
365fato crudel;
 
    ma quel valore
 ch’ho nel mio core
 non teme oltraggio
 di stelle rigide,
370di irato ciel. (Parte con Everardo)
 
 SCENA IV
 
 OTTONE
 
 OTTONE
 D’Italia il fier tiranno è già in catene;
 vadasi a compier l’opra.
 E poi che la mia gloria
 fia paga, anche all’amore
375servasi del mio core.
 Adelaide mi vuoi
 contro i tiranni tuoi scudo e difesa;
 e tu quest’alma resa
 schiava de’ tuoi bei rai,
380tiranna del mio cor, bella ti fai.
 
    Da te lontan mia vita,
 forse non viverei,
 forse mi struggerei,
 senza sperar pietà.
 
385   Arrossirei nel volto
 nel rimirarti oppressa;
 ma la tua sorte istessa
 di me paventerà.
 
 SCENA V
 
 Fondo di torre.
 
 ADELAIDE sola
 
 ADELAIDE
 O del mio caro sposo,
390cui l’empia crudeltà da me divise,
 anima bella, da quell’alta sede
 ove or godi in dolcissimo riposo,
 volgi, deh volgi un guardo
 fra questi cupi e tenebrosi orrori
395all’infelice tua diletta sposa.
 Mira quanto penosa
 vita qui traggo e quanto grande sia
 per te il mio amore e la costanza mia.
 Una sola speranza
400fra gli affanni mi resta e questa è morte.
 Sì sì l’istessa mano,
 che sciolse i lacci onde ti avvinse il cielo,
 riunirà le nostr’alme; e in tante pene
 questa speranza sola
405dolce pace mi reca e mi consola.
 
 SCENA VI
 
 ADELAIDE e CLODOMIRO seguito da due paggi che portano due bacili e sudetta
 
 CLODOMIRO
 Con due doni, Adelaide, a te mi invia
 la tua reina e mia.
 ADELAIDE
 Qual mia regina?
 CLODOMIRO
                                   In questo (Scopre un bacile su cui un vaso di veleno)
 vedi la morte tua se tu ricusi
410d’Idelberto gli amori,
 la tua felicità vedi nell’altro (Scopre l’altro in cui vi è scetro e corona)
 se sposa a lui ti rendi.
 Tu rifiuta qual vuoi, qual vuoi tu prendi.
 ADELAIDE
 A Matilde dirai
415che la sua tirannia con tanti doni
 si dimostra ver me troppo amorosa
 ma che per quanto sia
 prodiga e generosa,
 non è maggior della costanza mia.
 CLODOMIRO
420Quanto imponi farò ma intanto scegli.
 Vuoi mortal tosco? O vuoi lo sposo e ’l regno? (Accetta il bacile dov’è il veleno)
 ADELAIDE
 Questi doni io gradisco e quelli io sdegno.
 CLODOMIRO
 Pensa.
 ADELAIDE
                Non replicare.
 CLODOMIRO
 
    Non t’inganni la speranza
425d’ottener con la costanza
 del tuo duol qualche pietà.
 
    Hai nel labro la tua sorte.
 Un tuo no ti guida a morte,
 un tuo sì lieta ti fa.
 
 SCENA VII
 
 ADELAIDE, poi MATILDE con guardie
 
 ADELAIDE
430Adelaide, che pensi?
 Tra i doni di Matilde
 animosa ne scegli un che di lei
 il crudo genio appaghi.
 Ah sì col mio Lotario
435da mortal tosco oppresso
 voglio di morte un instromento stesso.
 Il tosco dunque... (Mentre vuol prender il veleno giunge Matilde)
 MATILDE
                                   Ancora
 vivi o superba? E tutti i doni miei
 sprezzi ugualmente?
 ADELAIDE
                                         No quel che mi è caro,
440ecco, già prendo e già l’appresso al labbro
 per custodirlo nel mio seno.
 MATILDE
                                                     Bevi,
 bevi dunque la morte.
 ADELAIDE
 Così deluderò l’empia mia sorte. (Mentre vuol bever il veleno, giunge Idelberto colla spada impugnata respingendo in mezo a la scena una guardia)
 
 SCENA VIII
 
 IDELBERTO e detti
 
 IDELBERTO
 Temerario, l’ingresso
445libero mi permetti o ch’io t’uccido.
 MATILDE
 Hai tanto ardir? Né ti sovvien che sei
 suddito benché figlio.
 IDELBERTO
                                          Io qui non venni
 a rintracciar in te la mia reina
 ma la mia genitrice.
 MATILDE
450Se per costei la genitrice implori,
 la regina non t’ode e ti rigetta.
 IDELBERTO
 Son vani, o madre, i tuoi sospetti. Io chiedo
 sol che mora Adelaide.
 MATILDE
                                            Amato figlio
 or son lieta e contenta.
 IDELBERTO
455Ma sappi che Adelaide
 sola non può morir, prendi. (Gli dà spada)
 ADELAIDE
                                                      (Che tenta?)
 IDELBERTO
 Una parte di lei
 s’uccida pur con quel veleno; e l’altra
 ch’è la parte migliore
460nelle viscere mie da te s’uccida.
 MATILDE
 Ah folle! Ah! Vile! Ed in tal guisa accresci
 a me lo scherno, alla nemica il fasto?
 Olà, bevi quel tosco. (Ad Adelaide)
 IDELBERTO
                                        A me lo porgi.
 MATILDE
 Scostati forsennato.
 IDELBERTO
                                       Ah madre almeno
465concedi...
 ADELAIDE
                     Io t’ubbidisco.
 IDELBERTO
                                                  Ed io mi sveno. (Mentre Adelaide vuol bere il veleno, Idelberto prende la spada e se l’accosta al petto in atto d’uccidersi)
 MATILDE
 Ah fermatevi entrambi (e pur trovossi
 una via non pensata
 da spaventar la mia fierezza). Indegna. (Toglie il veleno ad Adelaide e lo gitta a terra)
 Rendimi questo nappo; e tu codardo
470la vil spada riponi,
 non goderete no de’ miei disprezzi
 che un brevissimo istante,
 femmina ingannatrice, ingiusto amante.
 
 SCENA IX
 
 CLODOMIRO e sudetti
 
 CLODOMIRO
 Regina, infausti avvisi, il nostro campo
475vinto restò! Del re tuo sposo ancora
 qui non s’ode novella. Ogni contorno
 preda del vincitor s’empie di lutto.
 ADELAIDE
 (Sian grazie ai numi).
 IDELBERTO
                                           (Ecco dell’ire il frutto).
 MATILDE
 O stelle! E ciò fia ver? Cangiò d’aspetto
480la fortuna così? Dov’è il mio sposo?
 Berengario dov’è? De’ suoi vassalli,
 dimmi, chi lo tradì? Mancò sì tosto
 nelle schiere il valor? Ma qui mi perdo
 troppo invano al grand’uopo.
485Vanne, o duce, e rinforza
 i custodi alla reggia,
 i difensori alla città! Si cerchi
 di Berengario. Unisca
 la gran sala i primati. In tal periglio
490provido da più menti esca il consiglio. (Clodomiro parte)
 Ah perfida, tu godi (Ad Adelaide)
 delle sventure mie? Ma trema ancora;
 trema sì del mio sdegno. E tu fellone, (Ad Idelberto)
 tu che l’onor del sangue
495sacrifichi all’altar d’un folle amore,
 tu pur scopo sarai del mio furore.
 
    Ah che mi sento in petto
 ardere il cor di sdegno.
 Perfido figlio indegno,
500donna superba ingrata.
 Ma ti sarò spietata,
 ma ti farò tremar.
 
    Del tuo sì dolce affetto (Ad Idelberto)
 vedi qual frutto hai colto.
505Ah non mirarmi in volto,
 madre non mi chiamar.
 
 SCENA X
 
 ADELAIDE, IDELBERTO
 
 ADELAIDE
 O di padre miglior figlio ben degno,
 oh dio, quanto mi spiace
 non poter al tuo amor rendere amore.
510Prence, soffrilo in pace,
 stima, ossequio, rispetto,
 gratitudine, affetto ognor potrai
 trovare in Adelaide, amor non mai.
 IDELBERTO
 Né amor pretendo già.
515Tanta felicità sperar non lice
 a chi nacque figliuol d’un tuo nemico;
 con affetto pudico,
 al mio core infelice,
 non vietare l’amarti e son contento.
 ADELAIDE
520Vedo il tuo merto e quasi
 di tanta mia costanza ora mi pento.
 IDELBERTO
 No, siegui pur l’impegno
 del costante odio tuo, del tuo rigore,
 un così giusto sdegno
525è bello agli occhi tuoi quanto il tuo amore.
 
    Mi piaci ancor sdegnata,
 t’adoro ancor crudele
 e ti sarò fedele
 senza speranza ancor.
 
530   Né mai chiamarti ingrata
 saprò né mai lagnarmi
 e meno vendicarmi
 saprò del tuo rigor.
 
 SCENA XI
 
 ADELAIDE
 
 ADELAIDE
 Sommo rettor del cielo, i tuoi consigli
535adoro e taccio e tremo.
 Ottone in mio soccorso
 mandi de’ mali miei nel punto estremo.
 Nascer tu fai degeneranti i figli
 da’ paterni costumi e mostri appieno
540che la tua saggia e sì possente mano
 l’antidoto sa trar sin dal veleno.
 
    Tuona il cielo e spaventato
 sta il pastor che danni attende
 ma la pioggia poi discende
545le sue brame a consolar.
 
    Sembra a noi crudele il fato,
 quando appunto è più clemente,
 che non val la nostra mente
 gli alti arcani a rivelar.
 
 SCENA XII
 
 Mure della città di Pavia con ponte levatoio, torri e rivellino; dall’altra parte campo di Ottone.
 
 OTTONE col suo esercito, MATILDE e CLODOMIRO sopra le mura e soldati
 
 MATILDE
550Eccomi, Otton che vuoi?
 OTTONE
                                               Le rie catene
 sciogli al piè d’Adelaide e a lei ritorna
 la libertade e ’l regno
 o proverà qual fulmine il mio sdegno.
 Udisti, o donna?
 MATILDE
                                 Ancora
555la provincia vassalla a me s’inchina.
 Rendimi i pregi miei; dimmi reina.
 OTTONE
 Reina non saresti,
 se rendessi, o proterva,
 a chi tu l’occupasti il regno e il nome.
560Ma senti, o donna ambiziosa e vana,
 se l’oppressa Adelaide
 libera in questo dì rendi al suo trono,
 ogni ingiuria a lei fatta io ti perdono.
 Ma se ricusi, io con orrendi esempi
565farò di te non più veduti scempi.
 MATILDE
 Clodomiro, Adelaide a me s’appressi.
 Vuo’ che veda costui da ciò che tento
 se regina son io, se lui pavento.
 
 SCENA XIII
 
 CLODOMIRO, ADELAIDE con guardie e detti
 
 CLODOMIRO
 Ecco la prigioniera.
 OTTONE
                                      Il mio bel sole.
 ADELAIDE
570Il mio gran difensore.
 MATILDE
 Ottone, alza la fronte.
 Vedi colei per cui tu porti guerra
 all’italica terra?
 OTTONE
 Vedo sì l’innocenza
575da l’empietà tradita.
 MATILDE
                                        O tu ritira
 l’armi da questo regno o ch’io la sveno. (In atto di ferir Adelaide)
 Sugli occhi tuoi risolvi,
 altro indugio non hai che un sol momento.
 OTTONE
 Misero! In qual cimento
580con la vita di lei sta la mia gloria!
 MATILDE
 Il momento passò. Già vibro il colpo.
 OTTONE
 Fermati, o scellerata. Il tuo consorte
 ch’è tra le mie ritorte...
 MATILDE
 Lo sposo mio tuo prigionier? Nol credo.
 OTTONE
585Olà, qui voglio Berengario. In breve... (Ad una guardia)
 MATILDE
 Non mi lusinghi, no. Cessa dall’armi,
 guida lungi le schiere.
 O dell’idolo tuo
 il cadavere esangue ora vedrai.
 OTTONE
590Senti, o donna crudele.
 Voglio appagarti e voglio...
 (Che mai far deggio?)
 MATILDE
                                           E ancor non mi rispondi?
 ADELAIDE
 Gran re, deh non voler che il mio periglio
 rattenga il volo all’immortal tua fama.
595Adelaide da te tanto non brama.
 Con intrepido ciglio
 mira il mio strazio; e poscia alla vendetta
 tutti gli sdegni tuoi desta ed affretta.
 
 SCENA XIV
 
 IDELBERTO e detti, poi BERENGARIO e guardie
 
 IDELBERTO
 No, no. Con la mia vita
600salvisi quella d’Adelaide.
 ADELAIDE
                                                Oh stelle!
 MATILDE
 Ah figlio traditor, figlio ribelle.
 IDELBERTO
 Idelberto son io
 e son tuo prigionier finché sicura
 dalla madre inclemente
605sia la bella innocente.
 OTTONE
 Attonito rimango.
 BERENGARIO
 Eccoti Berengario.
 MATILDE
                                     Avete, o stelle,
 più sventure per me?
 OTTONE
                                          Donna superba,
 dov’è la tua fierezza?
610Pria così altera ed or nel tuo sembiante
 così mesta e turbata?
 MATILDE
 Empio, avverso destin son disperata. (Parte)
 ADELAIDE
 Ottone, io parto e alla prigion ritorno.
 OTTONE
 Ed io resto a versar tutto il mio sangue
615per la tua libertà, per la tua vita.
 Spera, o bella Adelaide,
 spera nel valor mio
 e nella tua innocenza.
 ADELAIDE
                                          Ottone... Adio. (Parte)
 
 SCENA XV
 
 OTTONE, BERENGARIO, IDELBERTO, guardie
 
 BERENGARIO
 Deh perché t’opponesti
620all’acerbo conflitto?
 Qual fierezza ti mosse
 a sospender allor la morte mia?
 OTTONE
 Berengario, rifletti
 che a Lotario togliesti e vita e regno.
625Sovente avvien che il ciel ai gran delitti
 il gastigo sospenda
 ma se il reo non si emenda,
 da la sua sofferenza il ciel si scuote
 e con più grave sferza allor percuote.
 BERENGARIO
630Ah! Colpa del destino
 è la caduta mia. Queste ritorte
 erano a te dovute ed io le avea
 preparate per te; l’empia fortuna
 che cieca il merto ed il valor non vede
635al tuo braccio le tolse e al mio le diede.
 
    Non fidarti della sorte,
 non son forse le ritorte
 sì lontane dal tuo piè.
 
    Se con me si cangia il fato,
640facilmente il nume ingrato
 può cangiarsi ancor con te.
 
 SCENA XVI
 
 OTTONE, IDELBERTO, soldati
 
 OTTONE
 Guardie, alla regal tenda
 Idelberto si guidi.
 IDELBERTO
                                    Iniquo fato.
 Quando mai finirai d’esser spietato? (Parte)
 OTTONE
645Con due pegni sì cari
 alla fiera Matilde, assicurata
 parmi la vita d’Adelaide. Alfine
 Berengario è fra ceppi,
 tremerà l’empia donna
650dello sposo al periglio. Ed egli stesso,
 ch’una strana fortezza ardito ostenta,
 egli dell’ira mia trema e paventa.
 
    Sembra all’audace aspetto
 non paventar l’altero
655ma forse nel suo petto
 parla tremando il cor.
 
    Pietà sperar potria
 meno superbo e fiero;
 ma la clemenza mia
660non merta un tal furor.
 
 Fine dell’atto secondo